Ars Nova Italiana
Il tema di quest’anno è l’ Ars Nova Italiana, con le opere di Jacopo da Bologna, Lorenzo da Firenze, Niccolò da Perugia, Francesco Landini e Andrea da Firenze.
L’Ars Nova è stata a tutti gli effetti una rivoluzione che ha modificato il volto della cultura musicale del tardo Medioevo. L’accesso che abbiamo oggi a questa “nuova arte” è dovuto al fatto che è stata registrata su pergamena, utilizzando un sistema di notazione che si trova notoriamente nell’Ars Nova musica trattato di Philippe de Vitry [Parigi, 1320 circa]. Lasciandosi alle spalle l’Ars Antiqua del XIII secolo, de Vitry presentò due innovazioni cruciali: note di durata inferiore alle semibrevi e l’uso delle proporzioni nella polifonia.
Egli aprì le porte all’esplosione di nuove possibilità concettuali nel XIV secolo, seguito da Machaut e dai suoi successori, creando allo stesso tempo una piattaforma teorica per la trasmissione di nuovi stili di polifonia profana e sacra. Tuttavia, va notato che il trattato di de Vitry fu scritto principalmente “non per espandere le frontiere teoriche della notazione, ma in risposta a ciò che veniva eseguito”.
Non tutti erano entusiasti dell’Ars Nova, poiché alcuni rappresentanti del clero la trovavano incoerente con lo scopo del canto gregoriano. Nel 1322 Papa Giovanni XII emanò una bolla che “scomunicava” questo stile innovativo:
“Alcuni discepoli di una nuova scuola, impegnando tutta la loro attenzione nel misurare il tempo, cercano con nuove note di esprimere melodie inventate solo da loro, a scapito delle altezze antiche che sostituiscono con altre composte da note brevi e semibrevi e quasi inafferrabili. Interrompono le melodie, le rendono effeminate con l’uso del discanto…. La moltitudine delle loro note cancella il ragionamento semplice ed equilibrato con cui nel canto piano si distingue una nota dall’altra. Corrono e non si riposano mai, inebriano le orecchie e non curano le anime; imitano con i gesti ciò che suonano, così che la devozione che si voleva ottenere viene dimenticata e si mostra il lassismo che si voleva evitare”.
Rivestire di suoni e di ritmo forme poetiche come la ballata, il madrigale e la caccia ha dato loro una nuova vita e la notazione ne ha permesso la trasmissione: finalmente non solo la musica sacra veniva diffusa attraverso il segno, ma anche quella profana.