MICROLOGUS
Patrizia Bovi – canto, arpa, buccina (tromba medievale)
Goffredo Degli Esposti – flauto diritto, flauto bicalamo, cornamusa
Gabriele Russo – viola, ribeca, buccina(tromba medievale)
Peppe Frana – liuto, citola, crotali, cimbali
Enea Sorini – canto, cembalo (tamburello), naccaroni
PASOLINI E I CANTI DI UN’ALLEGRA BRIGATA
Le musiche nel Decameron e ne I racconti di Canterbury tra Medioevo e tradizione popolare
Musiche di Gherardello da Firenze, Lorenzo da Firenze, Niccolò da Perugia e anonimi.
PROLOGO
Fenesta ca’ lucive
(dalla colonna sonora de I racconti di Canterbury e Decameron)
FIRENZE E L’ARS NOVA DEL TRECENTO
Ciascun faccia per sé
ballata a due voci di Niccolò da Perugia (testo di Niccolò Soldanieri)
In pro
istampita (dalla colonna sonora de I racconti di Canterbury)
Riferimento: «E levate le tavole, con ciò fosse cosa che tutte le donne carolar sapessero e similmente i giovani e parte di loro ottimamente e sonare e cantare, comandò la reina che gli strumenti venissero; e per comandamento di lei Dioneo preso un liuto e la Fiammetta una viuola, cominciarono soavemente una danza a sonare» (Decameron, Proemio).
Io mi son sì giovinetta
ballata monodica (testo di Giovanni Boccaccio), contrafactum di Donne, e’ fu credenza di Lorenzo da Firenze
Riferimento: «si levarono a’ balli costumati, e forse mille canzonette più sollazzevoli di parole che di canto maestrevoli avendo cantate, comandò il re a Neifile che una ne cantasse a suo nome; la quale con voce chiara e lieta così piacevolemente e senza indugio incominciò: Io mi son sì giovinetta e volentieri…» (Decameron, IX)
La Manfredina e la Rotta
danza
Riferimento: «il re, che in buona tempera era, fatto chiamar Tindaro, gli comandò che fuori traesse la sua cornamusa, al suono della quale esso fece fare molte danze» (Decameron, VI)
I’vo’ bene a chi vol bene a me
ballata di Gherardello da Firenze
Ghaetta
istampita (dalla colonna sonora de I racconti di Canterbury)
Non sò qual’ ì mi voglia
ballata minore di Lorenzo Masi su testo di Boccaccio
Salterello IV
danza (dalla colonna sonora de I racconti di Canterbury)
Veni sancte Spiritus
sequentia (dalla colonna sonora de I racconti di Canterbury)
Tre fontane
istampita (dalla colonna sonora de I racconti di Canterbury)
NAPOLI, IL SUD E LA MUSICA TRADIZIONALE
(dalla colonna sonora del Decameron)
Fenesta ca’ lucive / Koppije
(tradizione campana/tradizione albanese)
(dalla colonna sonora de I racconti di Canterbury e Decameron)
Ritornello delle lavandaie del Vomero
(ovvero la bella lavanderina, ovvero L’acqua corre la borranaballata popolare:
contrafactum di Madonna pollaiola)
Riferimento: A Varlungo, Monna Belcolore «era quella che meglio sapeva sonare il cembalo e cantare L’acqua corre la borrana e menar la ridda e il ballonchio […]» (Decameron, VIII, 2).
Tarantella di Montemarano
Fronna e Tammurriata
L’aucelle ca ti sprizza di sta fica
serenata
EPILOGO
Lamento di Tristano e la Rotta
danza bipartita (dalla colonna sonora de I racconti di Canterbury)
PASOLINI E I CANTI DI UN’ALLEGRA BRIGATA
Le musiche nel Decameron e ne I racconti di Canterbury tra Medioevo e tradizione popolare
In occasione del centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini (5 marzo 1922), il Micrologus ha ideato un concerto che ripercorre la musica della sua sorprendente filmografia medievale. Primo film della Trilogia della vita è il Decameron, del 1971, ridondante di musiche antiche e tradizionali, con cui Pasolini apre e chiude le novelle che ne caratterizzano le scene, creando un complesso paesaggio sonoro pulsante di vita. Ma anche I racconti di Canterbury (del 1972) non sono da meno, arricchiti di tanta musica tradizionale e medievale. Solo nel terzo film, Il fiore delle Mille e una Notte (del 1974) Pasolini sceglie, per contrasto, della musica classica sempre alternata alla musica tradizionale. Tornando al Decameron, si deve notare che Pasolini sposta l’ambientazione Toscana e alto borghese verso una Napoli popolare e vitale (che anche Boccaccio aveva conosciuto), sottolineata da temi musicali di assoluta novità per il pubblico di allora. Oggi, dopo decenni di world-music, alcune delle forme musicali tradizionali utilizzate da Pasolini (la fronna, la tammurriata, la tarantella di Montemarano, ecc.), scelte con l’aiuto sapiente di Ennio Morricone, suonano ovvie, quasi banali. Perciò il Micrologus, nel ricostruire i momenti musicali principali, forte dell’ esperienza anche nelle musiche di tradizione orale, gioca a fare diventare medievale quello che è tradizionale (ovvero popolare) e popolare quello che è medievale (che è, poi, a ben vedere, quello che il gruppo ha sempre fatto…).
Una sfida, ma anche una sorpresa per il pubblico, per rimettere al centro la questione, non del fare Musica per il Cinema, ma cosa sono la Cultura Alta e quella Bassa, e le diverse forme di conservazione e trasmissione (e relativo “tradimento” nella tradizione).
Il concerto del Micrologus, che si concentra sulle musiche profane all’origine della cosiddetta Ars Nova italiana, dà spazio a diversi tipi di vocalità, sia solistica che polifonica, nelle ballate e nelle canzonette, anche con l’intervento di tanti strumenti musicali. Ad accompagnare il canto troviamo la viola, il liuto e l’arpa; i flauti ed altri strumenti a fiato eseguono sfrenate musiche di danza (salterelli e istampite) sostenuti dalle percussioni. Alcune di queste musiche sono di importanti autori del Trecento, che parteciparono attivamente alla vita e alla cultura dell’epoca, soprattutto fiorentina, altre, invece, sono di anonimi medievali, così come sono tutte anonime le musiche tradizionali rivisitate.
A concludere un discorso che oggi trova spazio in diversi saggi e articoli, è giusto precisare che due dei temi più utilizzati da Pasolini percorrono la stessa via: da un lontano passato ad un più o meno recente riconoscimento. Il primo è Fenesta ca’ lucive, vero e proprio Leitmotiv di vari suoi film, attribuito a Vincenzo Bellini e recentemente riconosciuta come canzone popolare napoletana ben più antica, nel cui testo vi è unione di amore e morte, e la cui musica, probabilmente, trova origine in un canto popolare albanese d’amore e d’esilio (ma anche il nostro epilogo, il trecentesco Lamento di Tristano, ci riporta a questo). L’altro è il Ritornello delle lavandaie del Vomero, che fa un percorso ancora più lungo: da La bella lavanderina, trasformazione di Madonna pollaiola, brano tipico della tradizione ludica infantile dell’Appennino Tosco-Emiliano (praticato anche in Umbria col titolo di Ballo imperiale), che è un contrafactum della canzone a ballo L’acqua corre la borrana,citata nell’Ottava Giornata del Decameron quando si racconta di Monna Belcolore, procace popolana di Varlungo che “meglio sapeva sonare il cembalo (ovvero, il tamburello) e cantare… e menar la ridda e il ballonchio”.
Goffredo Degli Esposti